Sono gli anni 50. Importanti magazine pubblicano, a tutta pagina, spot pubblicitari con slogan come “blow in her face and she’ll follow you anywhere”, “men are better than women” o ancora “it is always illegal to kill a woman?”.

In quel decennio, sessismo e disuguaglianze di genere si fanno concrete e palpabili. Rimangono impresse nelle menti e negli occhi, perché lo strumento che dà voce a quelle headlines è troppo potente per essere contestato: la fotografia. Da quel momento intere generazioni di uomini e donne vedranno le radici della propria identità plasmate su queste presunte diversità.

Oggi sappiamo che l’identità maschile e femminile non sono qualcosa di naturale, ma di culturale. Quelle che ritenevamo ‘certezze biologiche’ si sono rivelate insomma solamente atti e e norme che, ripetuti per secoli, sono divenuti parte di chi siamo. Non siamo ancora liberi da questi condizionamenti. Tuttavia cominciano ad affiorare tentativi di ridefinizione dei ruoli, sconfinamenti che mostrano tutta la varietà e complessità dell’essere umano, al di là delle etichette imposte.

Se da un lato le correnti neo-femministe lavorano proprio su questo fronte, quello che interessa di più negli ultimi tempi è proprio il punto di vista maschile. Come vivono gli uomini la pressione sociale di questi ruoli? A volte ho l’impressione che anche loro ne siano esausti.

Qualcuno comincia a sentire la necessità di mostrare qualcosa di nuovo di sè, di scavare a fondo, facendo affiorare vulnerabilità e complessità inedite. Penso ad esempio allo splendido lavoro di Antonio Pulgarin dal titolo Fragment of the Masculine, in cui, alterando fotografie di famiglia, crea collage che ridefiniscono la tensione provata per tutta la vita nei confronti della cultura del ‘machismo’ tipica dell’America Latina. Dall’altra parte del Pianeta un fotografo, Luigi Stranieri, ha parlato della ridefinizione dei ruoli e del conflitto tradizione/trasformazione nel suo libro Itsu mo arigatou.

Credo che sia proprio in questa nuova chiave che vada letto il lavoro di Matteo Cavadini 50 – diario di un uomo inquieto. “Compio cinquant’anni e mi vedo diverso da come mi ero immaginato che sarei diventato quando ero un ragazzo. […] È venuto il momento di accettare quello che sono. Lo dovrebbero fare tutti prima o poi. Guardarsi davvero e smettere di rincorrere modelli preconfezionati imposti dall’esterno. Guardarsi davvero e accettare la propria unicità” riprendendo le parole dell’autore. E così, per spezzare atti e reiterazioni secolari, Matteo decide di esplorarsi, ma di esplorarsi davvero.

Mappa il suo corpo, ci mostra la pelle che abita. Ci invita nelle sue azioni quotidiane, nei suoi luoghi più intimi e segreti. Ma gioca anche a svelare, attraverso azioni performative, le molteplici possibilità dell’essere. Tutto ciò che osserviamo in questa pubblicazione non può che partire da una pulsione interiore profonda e sincera, da un coraggio che spesso hanno avuto di più le donne nell’arte.

Cavadini entra in sala operatoria, si lascia aprire, rischia il tutto e per tutto nel tentativo di essere visto davvero. Elimina i sedimenti culturali che il suo corpo ha raccolto per decadi. Lo fa però in forma di diario, una poesia del quotidiano che non cerca forzature, ma un linguaggio semplice e onesto. In un momento in cui la fotografia ha subito profonde trasformazioni, in cui l’auto-rappresentazione si è fatta sempre più superficie e meno contenuto, Matteo riprende in mano la pratica dell’autoritratto fotografico per veicolare un importante messaggio.

Quello che ci dice è che esistono tante parti all’interno di un uomo. Esistono tante storie in lui, quante le persone e le situazioni in cui si trova a vivere. Ma esiste soprattutto un uomo nuovo, che oggi chiede prepotentemente di essere ascoltato.

Silvia Bigi

Matteo Cavadini

Nato a Como nel 1968. Appassionato di fotografia fin da ragazzo la riprendo nel 2015 con più maturità e consapevolezza.

Non più reportage di viaggi ma un indagine del quotidiano, di quello che vivo quotidianamente nelle immediate vicinanze, cercando di dare la mia visione personale.

Ho frequentato corsi e workshop presso “Foto e spirito” di Giulia Bianchi e “Percorsi fotosensibili” di Silvia Bigi.

Con “Percorsi fotosensibili” ho partecipato all’esposizione collettiva “Home”.

https://matteocavadini.myportfolio.com/