Ritratti di Mari è un progetto a lungo termine realizzato in pellicola medio formato (una Pentax 67 e una Holga), con lo scopo di raccontare l’Europa attraverso i suoi mari. Dall’Italia alla Germania, dalla Francia alla Spagna, dalla Turchia al Portogallo, un racconto visivo che si sviluppa in 13 capitoli attraverso l’osservazione del rapporto tra l’acqua e la terra, tra il naturale e l’urbano, tra la presenza umana e quella della natura. Ogni capitolo è nato dopo aver scattato quello precedente senza una idea primaria a monte se non quella di cercare una radice universale comune racchiusa nel rapporto col mare che ogni essere umano ha fin dall’infanzia indipendentemente dalla cultura e i luoghi di provenienza. L’idea principale era di creare una mappa emozionale senza riconoscibilità precisa dei luoghi per costringere l’osservatore ad una contatto poetico e non logico. Diversi spunti di riflessione durante il viaggio sono arrivati dagli scritti di Erri De Luca, le canzoni di Gianmaria Testa, i silent book di Suzy Lee.

A Filippo Trojano piace dire che il suo lavoro si svolge dietro e davanti la macchina. E’ attore, infatti, oltre che fotografo. Non conosco il suo lavoro da attore, non so se preferisce interpretare personaggi allegri o infelici, espansivi o introversi, se predilige i primi piani del cinema o il tutto intero del teatro.

Certamente come osservatore, dietro la macchina fotografica, ha una assoluta predilezione per la vista d’insieme. Con insistenza, nelle sue immagini fotografiche, compaiono paesaggi vasti, spesso inquadrati dall’alto, nei quali si dispiegano grandi porzioni di terra e di cielo e lunghe linee di orizzonte. Paesaggi spesso abitati da figure umane. O meglio da una figura privilegiata, osservata al centro di una estesa porzione del territorio che essa abita.

Sono immagini che soddisfano un desiderio di spazio e che con le loro viste di insieme definiscono un nuovo modo di guardare al paesaggio. Proprio per questo, nella cultura contemporanea, costituiscono un elemento di originalità. Nella cultura contemporanea, infatti, prevale lo sguardo particolare, il dettaglio, il frammento e gli autori che scelgono l’ampiezza dell’inquadratura, spesso la popolano di elementi simili, ripetuti al punto da farne entità seriali, riducendo così il paesaggio ad una accumulazione.

Diversamente, i paesaggi nelle fotografie di Filippo Trojano, sono luoghi da interrogare e scrutare con curiosità. Territori di possibili molteplici accadimenti. Si potrebbe, quindi, dire che il suo sguardo vaga e inquadra fiducioso nella scoperta, nella convinzione che ciò che si osserva abbia sempre una storia nuova da narrare, un segreto da intuire, una sensazione da trasmettere.
A tratti le sue foto somigliano a quelle di Mimmo Jodice. Ma l’olimpica serenità con la quale il grande fotografo napoletano nobilita cose e paesaggi, nelle immagini di Trojano è alterata da una sorta di sovraimpressione. I suoi occhi, il suo obiettivo quindi, fiduciosamente rivolto al paesaggio, è pervaso dalla luce che dal paesaggio stesso emana. Come quando al tramonto, o in una delle prime solari giornate di primavera, socchiudiamo gli occhi alla luce, con il piacere di lasciarci stordire, leggermente alterare la vista. Allora, la realtà intorno si trasfigura. Rivolti al paesaggio e rapiti dalla sua luce, lasciamo emergere per un momento la dimensione irreale del sogno e della fantasia. In molti degli scatti di Trojano sembra fissarsi quel momento che forse somiglia un poco a quello vissuto dall’attore, quando, con la luce puntata negli occhi, materializza l’immaginazione.

Daniela Lancioni (Curatore senior Palazzo delle Esposizioni, Roma)

BIO

F. Trojano è fotografo, docente di fotografia, attore ed autore. Inizia a praticare la fotografia a 11 anni. Nello stesso periodo lo incuriosisce la settima arte che diventa negli anni una ricerca approfondita sul cinema d’autore a tutto tondo al punto da portarlo a lavorare in diversi progetti cinematografici. “Lo sguardo, il taglio, la scelta dell’inquadratura è sempre stata « un momento di cinema », mai un solo “istante decisivo”, piuttosto un tempo preso, una pausa musicale…”. Si forma con diversi fotografi e registi: Minkkinenn, De Oliveira, Bellocchio. Diventa fotografo professionista al termine delle scuole superiori, lavora per tre anni in una camera oscura fine art con Andrea Calabresi con il quale insieme anche a Fabio Severo fonda il gruppo di ricerca Nuovafotografia.

Attore protagonista del film Tickets di A. Kiarostami Loach ed Ermanno Olmi, nel 2009 inizia il progetto long-term “Ritratti di Mari”. Partecipa a diversi festival fotografici e negli anni è membro di giuria di vari festival di cinema in Francia e Italia. Insegna fotografia dal 2001 e da quattro anni è docente in una comunità psichiatrica. I suoi lavori sono usciti su Internazionale, Left, La Repubblica, Nat Geo Italia. Nel 2018 realizza come regista il cortometraggio “I suoi occhi”.

Attualmente sta lavorando al progetto a lungo termine “Cosplay” sul fenomeno del mascheramento nei giovani e l’uso della maschera nella società.